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lunedì 19 settembre 2011

Giorno dopo giorno..

Era un pomeriggio, il mese non lo ricordo, l'ora nemmeno, so che era caldo, ma non tanto. Ero entrata in quel solito negozio dove vendono braccialetti con borchie, maglie degli AC/CD, poster dei Green Day (Ora anche io ho il mio *w* Ok non c'entra scusate)...il negozio nero con la vetrina piena di magliette nere, in una di quelle una volta ci avevo visto un volto molto simile a quello di Billie. Lo vedo dappertutto, toh. Comunque, continuo con il mio monologo. Lagnoso. Allora, se ricordo bene, avevo una canottiera verde, sì, avevo i capelli legati, sì, e avevo dei pantaloncini di jeans, sì, e ovviamente le mie converse che non sono vere converse. Non ero ancora entrata, no, ero ancora fuori, ad ammirarlo dall'esterno, così beata, ad ammirare quel mondo.
E' uscito un ragazzo con le scarpe rosse e nere, i pantaloni lunghi nonostante il caldo, tutti sfilacciati, e una maglia nera. Non so che maglia fosse. Aveva i capelli lunghi, gli arrivavano fino al mento, ed erano chiari, chiari e un po' scuri, non so, e lisci. Era con un amico, ma chissà perché io avevo notato solo lui.
Btw, ci ho dato poca importanza, insomma, sono rimasta lì un secondo e poi sono entrata. Non ho comprato niente, sicuro, o almeno credo. Se comprassi qualcosa ogni volta che entro lì, avrei la camera piena di roba, già. Mi servirebbero un po' di soldi però e.e
Non ricordo cos'ho fatto dopo. Ero con un'amica. Forse. O forse con una iena. Sì, probabile. Una bestia rara? Non so come definirla.
Mi ero girata, per poi voltarmi di nuovo. Ridevo, forse, o forse ero seria. Strano a dirsi: Alice in centro a Torino, appena uscita da quel negozio bellissimo, seria. Può darsi.
Mi ripiomba davanti quel ragazzo, così, rimango di stucco, come se mi avesse colpito un fulmine, qualcosa del genere, o forse ero già stata colpita prima. Forse quella era solo la prima delle tante scosse che sentirò in vita mia, ma può anche darsi di no.
Aveva una maglia bella, bella, bella è dire poco, con le scritte che sembravano esser fatte col sangue, come dire, tutte colanti, sembravano vernice fresca sui muri, sembravano un raggio laser che fondeva il cuore di qualcuno.
Non ho fatto in tempo a leggere il nome del gruppo.
L'ho guardato per un secondo.
Ci siamo scambiati uno sguardo che ricordo ancora adesso. Uno sguardo che mi ha fatto palpitare il cuore per poco, per poi lasciarmi alla mia vita normale.
Si era forse aperto un universo tangente, in cui solo io occupavo quello spazio piccolino in quella piccola piazza, in cui solo lui stava di fronte a me, come due gocce del mare che si incontrano una volta nella vita. Le gocce del mare hanno una vita? Beh, diciamo secoli, millenni. Un secondo, in quei miliardi di secondi in cui sarebbe potuto accadere qualcosa, magari comparire di nuovo come la ragazza invisibile o magari sembrando una ragazza sicura di sé.
Aveva gli occhi scuri. Scuri, nocciola, no, castagna. Esatto, il colore delle castagne di novembre, quelle che sono dolci, che dentro sono giallognole. Allora diciamo che quegli occhi sembravano lo scudo delle castagne, marrone, avete presente, quello che trovi lì, nel riccio, che ti lascia un attimo senza fiato per la bellezza.
Quell'attimo è volato ma mi è rimasto dentro.
Poco dopo, mi è venuto mal di stomaco. Mal di stomaco, come se un tram avesse appena investito la mia trachea, per dirigersi velocemente verso l'intestino, sfondando il cuore, mescolando emozioni a me sconosciute.
Avevo mal di stomaco, sentivo come un rigirarsi di sentimenti.
Io sono una ragazza fredda, lo so. Piango, ma le mie lacrime non sono vere. Cioè, non sono che stupide lacrime, una, due, mai tante, non sono mai vere, non sono mai un pianto vero. Se mi trovassi di fronte all'amore, non credo potrei provar altro che cose mai provate, proprio perché sono fredda, dura, come la gente russa, che ti fissa con quegli occhi ghiacciati.
Beh, ma quando piango, si può dire che pianga davvero. Occhi rossi, piccoli, socchiusi, capelli flosci, faccia della stessa consistenza di un muro, dura, quelle lacrime,che attraversano le mie guance rosee, non sono che piccoli rivoli tra le pietre di un deserto, ecco cosa: sbagliate, nel posto sbagliato. Errori, sono errori. E gli occhi rossi dimostrano quanto vorrei nasconderle.
Avevo mal di stomaco, sì, ero arrivata qui, avevo mal di stomaco, cosa che è passata dopo venti minuti, dieci, un'ora, boh, non ne ho idea.
Sono salita sul treno (beh, oramai lo saprete che vivo sui treni çWç) e mi sono seduta al secondo piano, credo, su un sedile blu a trattini sparpagliati qua e là verdi, di quel verde morto dei treni, rovinato.
Ho acceso il mio vecchio mp3, quello che mi porto dietro ovunque. Riproduzione casuale. Sono uscite delle canzoni a me conosciute. Green Day. Avevo appena iniziato ad ascoltarli. Erano, non so, il modo che avevo per parlare parlare parlare dei miei sentimenti in quel momento. Non avevo mai ascoltato Pulling teeth prima di allora. Cioè, forse sì, l'avevo sentita, ma mai mi ero interessata. Era una canzone come le altre, non mi interessava ascoltarla. Boh, in quel momento, l'ho ascoltata e puff, mi sono ritrovata a fissare il paesaggio illuminato dal tramonto chiaro con una faccia da ebete.
Sì, in quella canzone ho nascosto quegli occhi color nocciola. Cioè, castagna.
Ho nascosto quel secondo del mio universo tangente in cui io e lui fuggivamo via a suono di una chitarra. Slipknot. Ho cercato quel gruppo su internet tutta la sera, e poi ho ascoltato qualche canzone. Non mi piacevano molto, se devo dire, non avevo mai ascoltato il metal, non era per me.
Una sera, non so quale, una sera sparsa tra le mie sere, di quelle come questa, in cui non si sa niente di tutto ciò che c'è, in cui persino le parole semplici sono contorte, ecco, una sera, una notte, direi, all'una, o forse alle tre, quando non riuscivo a dormire e mi sentivo un coltello inflitto nel cuore, ho ascoltato Vermillion (Slipknot).
Beh, mi piaceva, mi piaceva, l'adoravo, descriveva i miei pensieri in quel momento. Quell'uomo incazzato e triste che urlava, che tirava fuori tutti suoi pensieri, le sue emozioni...mi ha colpita. Era ferito, come me, capivo cosa sentiva, capivo benissimo.
Gli Slipknot, così, sono entrati nella mia vita, ma non proprio. Cioè, non esattamente. Li ascolto una volta quando mi capita, conosco pochissime canzoni, non ricordo il nome del cantante, sono un disastro, non sono una fan.
Un piccolo disastro.

Quella maglia la ricordo. Ogni tanto la rivedo addosso a certi ragazzi -ad esempio, oggi, l'ho vista addosso a un ragazzo con un grande bracciale con le borchie-
Ogni volta mi ricordo di LUI. Quel ragazzo di cui non vedrò -credo- mai più il viso.
Vorrei tanto rincontrarlo un giorno, sapete? E' grazie a lui che ho Pulling teeth nel cuore. E' anche grazie a lui che ho scoperto la parte più deficiente e romantica di Dookie. Gliene sono grata, e se mai dovessi rincontrarlo, penso che con il mio sguardo, anche per un secondo, glielo farei capire.
Lui lo capirebbe, capirebbe che sono una pazza che ascolta i Green Day e che si è innamorata di uno sconosciuto come una cogliona. Però, poco importa, questi "innamoramenti" non mi sono mai capitati, posso dire di aver conosciuto qualcosa di nuovo.
E i Green Day, come sempre, mi hanno tenuto per mano, anche in quel giorno strano in cui avevo mal di stomaco per l'emozione e ascoltavo Pulling teeth.

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