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lunedì 19 settembre 2011

Billie Joe.

Una ciocca blu, capelli chiari del colore del grano e occhi profondi, capaci di ipnotizzare chiunque.
Era possibile notarla in mezzo a un milione di persone: con quegli stivaletti neri dai lacci rovinati e quei pantaloni strappati all'altezza del ginocchio.
C'era chi la conosceva per nome. Ma lei odiava il suo nome.
Quel sorriso strafottente sempre dipinto sul volto, capace di nascondere anche le lacrime più fastidiose.
Lei, una bomba, un'esplosione di emozioni troppo forti tutte in una volta.

Siamo nel 1987. Billie non è che un ragazzino di 15 anni, senza una strada ben definita da seguire, senza una vera casa, senza una vera ragione, se non quella chitarra da strimpellare insieme a un amico.
Un orecchino all'orecchio, piccolo e invisibile agli occhi di chi non sa guardare.
I capelli folti che nascondono gli occhi chiari come il cielo dopo un temporale, limpidi, luminosi, in cui ci si perde.

Una città, un cuore, un insieme di vite così contorte, masticate da qualche strano destino.
E lì, vicino alla periferia, in un posto sperduto, lontano dagli occhi di qualsiasi normale persona, queste vite si incrociavano con una magia quasi miracolosa.

Graffiti morti su un muro, fuochi sotterrati dalla terra arida, lacrime annegate in alcool e sigarette.

Lui l'aveva incontrata lì, tra le stradine sfaldate della periferia, non tra i banchi di scuola, lì, tra parolacce e violenza, non tra sguardi lontani, lì, dove la libertà era l'unica legge, dove andavano le persone perse, abbandonate, distrutte, morte dentro, in cerca di qualcosa in cui credere, qualcosa per cui vivere.
Lui l'aveva incontrata lì, in una notte in cui le stelle brillavano stranamente di più, quando in lontananza si potevano scorgere le luci dei palazzi e la sua maglia scura dei Ramones le definiva una vita stretta ed esile.
Lui l'aveva incontrata lì, quando lei si era avvicinata a quel suo sguardo da sobria, con un pacchetto di sigarette in mano.
Si era seduta vicino a lui e gliene aveva passata una.
La sigaretta che aveva amato più in tutta la sua vita.

I capelli di lei brillavano illuminati dal chiarore della luna, la ciocca colorata era nascosta vicino alla guancia sinistra, la sua voce dolce sputava fuori poche parole.
Lui sentiva lo stomaco contorcersi, come se stesse bruciando.
Di lei non sapeva che il nome, la taglia del reggiseno e il numero di donne con cui suo padre aveva fatto le corna a sua madre.
Lei di lui aveva intravisto l'orecchino, aveva sentito la calda voce da ragazzino, aveva sfiorato i suoi capelli corvini.
Nessuno dei due raccontò all'altro la sua storia. Se erano lì, la loro storia doveva essere simile.

Erano i figli perduti della rabbia e dell'amore, nati dal colpo di una pistola, nascosti al mondo che li aveva cresciuti troppo in fretta.

Era notte, notte fonda, nemmeno più la luna era disposta a illuminare i loro volti così terribilmente vicini.
Lui si confondeva in quegli occhi profondi, dal quale non riusciva a estrarre nulla se non un cuore ribelle.
Lei faceva lo stesso, con la malizia che le si mescolava al sapore del tabacco in bocca.

Sbronzi, con le teste appoggiate a un muro dipinto di graffiti rossi, a osservare il cielo, a osservare quelle stelle meschine.
Lei buttò il pacchetto di sigarette nel fuoco e si sdraiò al contrario. Riusciva ancora a distinguere le ombre che delineavano il viso di Billie, seduto di fronte a lei, appoggiato a quel muro sanguinante.
Si avvicinò, le passò una mano tra i capelli, li scostò dalle labbra e le rubò un bacio.
Il suo primo bacio.
Gli batteva il cuore come se stesse per esplodere, sentiva in petto una sensazione mai provata prima, era come rinascere da una vita andata in rovina, come se in quell'esatto momento gli angeli e i demoni si fossero messi a intonare una canzone.
Lei socchiuse gli occhi e prolungò il bacio.
Le loro lingue si sfioravano con timidezza.

In lontananza arrivò un urlo, qualche ragazzo nascosto nella periferia. Perso come loro due.
Ma nessuno mai avrebbe potuto trovarsi al loro stesso posto, in quel momento.
Quello era il loro secondo, il loro attimo di amore meschino, provato stupidamente da due ragazzini.

I loro nasi si toccavano. Riusciva a sentire il suo calore, lui, riusciva a sentire il suo profumo.

Lei affondò le mani nei capelli folti, come per rendere quel bacio eterno, per non farlo terminare mai.
Lui fece lo stesso. Le sue mani le percorsero il viso, le sfiorò le palpebre socchiuse, percepì un brivido lungo la schiena.


Passò la notte come se fosse passata una vita. Lui aveva gli occhi bendati da quell'amore improvviso. Lei si stringeva forte nella sua maglia nera.

Lui lo chiamavano Two Dollar Bill.
Lei la chiamavano Whatsername.

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